PARROCCHIA ORTODOSSA: UN CALCIO A DISCRIMINAZIONE E PREGIUDIZIO

Quasi centocinquanta squadre già scese in campo nelle quattro edizioni dal 2010 ad oggi, circa un migliaio di gol messi a segno solo nelle cento gare disputatesi nel torneo in corso.

Roma, 23 luglio 2013 – Quasi centocinquanta squadre già scese in campo nelle quattro edizioni dal 2010 ad oggi, circa un migliaio di gol messi a segno solo nelle cento gare disputatesi nel torneo in corso. Il “Trofeo Giovanni Paolo II”, manifestazione di calcio a5 che vede protagoniste le parrocchie della diocesi romana, porta con se tanti numeri e statistiche, ma anche diverse storie di integrazione sociale. Una tra le tante viene da molto lontano, esattamente oltre mille chilometri di distanza dalla capitale. Comincia nel 2004 in Romania, da dove un gruppo di persone emigra per cercare fortuna nel nostro Paese. Metter su una squadra di pallone, si sa, è semplicissimo a qualsiasi latitudine, così Adrian Cojan non ci pensa due volte e da subito si adopera per creare un “bel gruppo”, come ama definirlo lui stesso. Piano piano, infatti, altri suoi amici connazionali varcheranno il confine per stabilirsi in Italia e la squadra può nascere nel 2005. Nei tornei qua e là, tra calcio a5 e calcio a8, si fanno tante conoscenze: incontrare altre persone è un modo per socializzare, trovare nuovi impieghi lavorativi, imparare la lingua, farsi accettare. Eh sì, perché all’inizio la diffidenza supera ogni logica, dettata anche dal pregiudizio. Invece, con il rispetto, la correttezza, la solidarietà, l’amicizia e la fiducia, il gruppo di romeni comincia a farsi ben volere fino a diventare parte integrante della nuova città che li ospita. Adrian, però, è un appassionato anche delle regole del pallone e comincia a seguire corsi per arbitri: è qui che conosce per la prima volta la realtà dell’Us Acli di Roma, grazie alle lezioni di Francesco Paone, docente del Corso Arbitri. La squadra romena entra in pianta stabile nei tornei Us Acli e nel 2011 ecco l’iscrizione al Torneo delle Parrocchie di Roma, con il nome di San Giovanni Laterano. Nelle due edizioni successive, compresa quella attuale, il l’appellativo cambia fisionomia ma non spirito: scende in campo con il nome di Parrocchia Ortodossa. È l’unica realtà del genere nella storia della manifestazione.
 
Adrian, un inizio in salita, poi la vostra integrazione si è messa sui binari giusti. “Non nascondo che il nostro gruppo si è integrato sin da subito, ma non senza alcune difficoltà. In principio c’è stata sempre un po’ di diffidenza e discriminazione, soprattutto pregiudizio. Poi la gente ha cominciato a capire che dietro la nostra provenienza c’era in verità un gruppo di gente onesta, e pian piano a fine partita abbiamo cominciato a ricevere anche sorrisi e abbracci dagli avversari. Ci hanno sempre rispettato tutti, vero, ma c’è voluto del tempo: si parte con una concezione, ma fortunatamente si finisce per cambiare idea; un bene per chi ci ha accolto, un bene anche per noi, che nei mesi successivi all’arrivo ci ha permesso di fare tante conoscenze, utili per la nostra vita quotidiana”.
 
Quando scendete in campo per la partita, in che modo eliminate le differenze? “Con il rispetto verso tutti, la sportività e lo spirito che ci contraddistingue, ovvero amicizia e divertimento. Queste sono anche le cose che più mi piacciono del torneo. Del risultato ci importa il giusto, il resto lo fanno altre componenti: un obiettivo non solo nostro, ma di tutte le partecipanti. Tra l’altro mi piace sottolineare che il gruppo è la parte migliore della nostra squadra. Sono valori che poi si riversano anche nella vita quotidiana: ormai siamo tutti stabilmente integrati a Roma, con i nostri lavori, le nostre vite. E sul campo le differenze di origine non esistono: italiani, romeni, polacchi, musulmani: siamo tutti un’unica famiglia. Si prega tutti insieme prima del fischio d’inizio, nel rispetto reciproco del proprio credo. Ricordo l’esperienza dello scorso anno, quando giocavamo contro la squadra musulmana: le due squadre, tanto diverse per varie ragioni, erano unite nella preghiera, una cosa davvero bellissima”.
 
Il vostro è un gruppo ormai composto da una trentina di persone, dieci delle quali facenti parte della squadra che partecipa al Torneo delle Parrocchie di Roma. Sulla maglia, come da regolamento del torneo, c’è una scritta. “È la frase di Giovanni (16, 29-33) che recita ‘Io ho vinto il mondo’. Per noi, in fondo, è così”.
 
EDOARDO MASSIMI (Addetto Stampa US ACLI)