PALIO DI ROMA

GARA A REBIBBIA

Riceviamo e pubblichiamo con immenso piacere la testimonianza di Stefano Corsi, neo Arbitro dell'USACLI ROMA nonchè Consigliere Prov.le:

"Quando Serangeli mi ha comunicato questa sua decisione di designarmi per la fase finale del Palio tra i carcerati, ho esultato; il suo cuore pensava che potessi essere d'aiuto agli "ultimi". Usacli opera di provvidenza nelle mani giuste, è anche questo: SFIDA A CIO' CHE VIENE RIGETTATO DALLA "SOCIETA' PER BENE" OSSIA ALL'IPOCRISIA NEI LUOGHI COMUNI.  Regalo di Pasqua più bello non potevo ricevere;  incrociare il volto di Cristo, "ultimo tra gli ultimi" .Devi solo arbitrare? Questo pensano"gli impiegati dell'arbitraggio. L' arbitro Usacli deve, in più degli altri, metterci, la cosa più grande ed importante del mondo:un briciolo d'amore. Interpretare la regola vuol dire andare allo spirito della legge ossia avere sconfinata misericordia dell'errante e durezza verso l'errore.

Mi son chiesto, ma questi che vogliono da me?devo essere dialogante o a tratti autoritario?Alla fine prima di andare mi sono fatto il segno della Croce e ho cominciato ad "improvvisare" appellandomi allo Spirito Santo. Un collega anziano Parlati nel dirgli della designazione per un consiglio, ; mi ha detto" Stefano si garante degli esterni". In effetti è tosto l'impatto; non mi meraviglio che nel 2009, cifre condivise, 75 spesso giovani si siano suicidati dopo poco dell'arresto. E'per chi deve sfidare i detenuti una situazione surreale. Per me non c'erano internati o no ma uomini liberi, tutti eguali. Cogli avversari sono entrato in questo cortile ben curato; una specie di piazza paesana, dove tutti si sono messi ad applaudire al nostro ingresso; quasi a moto liberatorio a scongiurare un incidente dell'ultima ora che facesse saltare tutto. Ho visto un popolo di gente ASSETATA DI NORMALITA', vivevano, come sussuratomi da un vigilante, per questa partita dalla mattina, non aspettavano altro. In molti ho visto volti tesi, concentrati, c'era un clima da grandi occasioni. Il buon Orlando Giovannetti, a cui Luca mi ha affidato, era più preoccupato di me"Stefano stai tranquillo non essere teso, non ti lasciare intimidire".In effetti il mio volto di mite professorino,per chi non mi conosce, fa pensare ad un agnello tra i lupi. Ero sereno come uno pieno di Spirito Santo che felice si metteva al servizio consapevole d'avere ricevuto la possibilità con un'opera misericordia di coprire i miei soffocanti peccati d'un uomo "presunto giusto".

Ero circondato da un cordone di uomini, in un campo senza recinzioni; presto ho fatto capire di volere persone ai quattro lati pronti a rimettere la sfera senza tempi morti. Mi son ricordato delle parole di Parlati " tutelare gli esterni. Il condizionamento psicologico, anche inconsapevole è schiacciante quando si va verso il finale e il risultato è in bilico;per questa  testimonianza DELLA VERITA’ FISCHIARE QUEL CHE C'è SENZA FARE CONTI. Ad un minuto  dalla fine, ad una palese trattenuta in area sanzionavo un rigore per gli esterni; il sogno di tutti i carcerati che giocavano senza giocare dietro le sbarre stava infrangendosi. Dovevo rimanere indifferente a questo. Costi quel che costi la verità, come torre che non crolla. Non c'era nulla da temere; era ovvio l'accerchiamento ed indignazione verso l'arbitro. Il buon Giovannetti in cuor suo avrà pensato era finita; proprio un rigore adesso e tiri di rigore ad oltranza? La verità costi quel che costi. A volte bisogna amare gli uomini fino in fondo; quei detenuti pensavano che li avessi puniti; invece li amavo trattandoli come uomini liberi senza il reticolato spinato che rischia di essere preso come un alibi morale. Senza calcoli, fino in fondo. All'ultimo penalty un esterno calcia la palla entra senza oltrepassare la linea interamente; triplice fischio e s'eleva "un urlo liberatorio"d'un popolo che non gioca a calcio solo per vincere ma per dimostrare la propria "normalità"; dietro c'è un enorme fame di riscatto sociale. Per questo la sfida è spesso è impari, gli stimoli sono enormemente diversi; l'arbitro rappresenta LA LEGGE". Questo fischia tutto,diceva da fuori uno;  parlavo in campo, cercavo un mio metodo per far sentire dei detenuti che avevo in mano la gara, a volte con tratti autoritari,  non dovevano servirsi dell'alibi morale del carcere come condizionamento psicologico verso gli avversari. Uno spaurito Giovannetti mi guarda e fa:"Stè ma c'era rigore? Si, allora va bene, hai avuto coraggio, mi dice".Solo testimonianza della verità. E' più sicuro il carcere dei tornei privati; bisogna essere testimoni della verità, perché questi amici a volte non vogliono, ma devono essere trattati da uomini tra gli uomini. Bisogna isolarsi dai pregiudizi mentali, il carcere non c'entra nulla. Uscito di ritorno a casa; risuonava nel mio cuore la voce suadente di Gesù:ero in carcere e mi sei venuto a visitate. Ditemi voi se questo non è meglio di una finale di Champions. La mia Eucarestia di carne, una vera Pasqua di resurrezione.."

 

                                                                                           Stefano Corsi