NELLE LORO SMORFIE, LA TUA STESSA FATICA, LA TUA STESSA VOGLIA DI ESSERCI. LA TUA STESSA PASSIONE

PENSIERI DI RITORNO DA PESARO DI UN NOSTRO TESSERATO DOPO AVER PARTECIPATO AL MEETING

Tolgo dalla punta degli scarpini i fili dell'erba rimasti e ci ripenso. Ed è davvero un bel ripensare. Tanti anni fa, quando con l'incoscienza del ragazzo che ero diedi inizio all' avventura di questa squadra, pensavo che sarebbe stato un sogno irrealizzabile.
E invece il sogno l'abbiamo realizzato. Ci sono voluti dodici anni, qualche vittoria, tante sconfitte. Ma di certo una presenza costante. E ora il regalo più desiderato. Il torneo nazionale di Pesaro, per un calciatore amatoriale, in fondo è come un mondiale per un professionista. Di più non puoi chiedere. Certo, puoi sognare di vincerlo. Ma anche ai sogni c'è un limite.
Non mi sono risparmiato per l'organizzazione, manco fosse un matrimonio.
E che non lo sappia la mia compagna, perchè mi costerà  una vacanza più¹ contenuta! Magliettine da passeggio personalizzate. Palloni da gara. E ovviamente completo nuovo, lo zuccherino che rende sempre felice uno spogliatoio. Perchè per quanto assurdo possa essere, tutti pensano che con una divisa bella nuova sei più professionista, forse anche più forte. E poi si vuole fare una bella figura. Quei campi d'erba belli rasati, che a Roma te li sogni, vanno onorati anche con un abbigliamento all'altezza.
Su quello almeno ci si può fare qualcosa, sui giocatori meno.
L'emozione cresce via via con i chilometri. Siamo partiti di mattina, per fermarci a pranzo lungo la strada e arrivare con calma.
Qualcuno partirà più tardi. Riuscire a capire chi veniva, quando e per quanti giorni (non tutti possono prendere una settimana) è stato un rebus. Alla fine risolto, con gran felicità.
Macchine cariche, stracariche. Anche mogli e figli piccoli. Potrebbe sembrare una scampagnata di un gruppo di amici. Ma la direzione non è per i Castelli. E poi ci sono quelle borse piene di maglie e soprattutto quella borsa dei medicinali che fa tanto professionisti. Ghiaccio spray, borsa del ghiaccio, disinfettanti, cerotti, garze e scatole e scatole e scatole di sali minerali e integratori.
A pranzo, sul lungomare abruzzese, la cameriera, a vederci tutti con la magliettina uguale ci prende per una squadra di calcio. Vera. Per non deludere le sue attese le dico di serie D, indicando nel più atletico di noi una futura promessa. E lei, con aria complice, ammicca: si vedeva che ci capiva di calcio
Eccoci a Pesaro. Corriamo per il sorteggio per i gironi. E cerchi di raccogliere notizie sulla qualità  dei prossimi avversari. Che hanno fatto nel loro campionato? E di che livello è il loro campionato?
Poi tutti in albergo. E forse proprio l'albergo è la cosa più bella di questa esperienza. Tutti insieme. In camera con i compagni. E un'allegria da gruppo che non vivevo dai tempi delle gite scolastiche. In fondo questo è il regalo più grande. Che occasioni si hanno ormai di passare tanto tempo, giornate intere, con i propri compagni, i propri amici?
L'albergo, una pensioncina, davanti al mare, da vacanze italiane in Romagna anni '50. Momenti morti tra un incontro e l'altro che ti puoi mettere a giocare a scopa o briscola e sognare di essere Bearzot con Causio a Vigo in quella mitica estate dell'82.
Poi il risveglio. La colazione con quelle sciocchezze a cui si fa finta di credere per imitare i professionisti. Un caffè, fette biscottate con il miele che gli zuccheri servono, magari un po' di frutta che fa tanto bene. Poi in marcia verso il campo. Sulle strade della bella campagna pesarese che partita dopo partita diventeranno familiari. Il campo: un prato che sembra un miraggio. Che è arrivato il momento di fare sul serio lo capisci quando vedi gli arbitri: sempre a coppia (uno per parte del campo), come degli affidabili carabinieri, seri e compiti. Si gioca. E sul campo, nei dialetti che ascolti, c'è l'Italia che ha scelto il calcio come un amore a cui non si vuole rinunciare, malgrado il lavoro, gli anni, gli acciacchi, il disappunto delle mogli. Poi di nuovo in albergo, e le raccomandazioni al cameriere: no, il vino a pranzo no! Tolga le bottiglie, che questi poi se lo bevono. La siesta: chi in camera a leggere, chi sulla spiaggia, chi a spasso. Poi di nuovo al campo. Che sembra quei pomeriggi d'estate di quando eri bambino e giocavi a pallone tutto il giorno. Ma allora la fatica non la sentivi.
La sera si sciolgono tutte le tensioni. Una cena in trattoria, vino e racconti. Sulla spiaggia, a bere ancora una birra di troppo, a fumare l'ultima sigaretta. A sognare la partita di domani.
Si perde, si vince, si pareggia. E alla fine, comunque sia andata, è andata bene. Sarà  la consolazione degli sconfitti. Ma in questa festa di calcio e passione, anche il confine tra vittoria e sconfitta sfuma. In fondo nelle grida di incitamento della squadra avversaria senti quelle stesse che tu urli ai tuoi compagni, soltanto con un accento diverso. Nelle loro smorfie, la tua stessa fatica, la tua stessa voglia di esserci. La tua stessa passione.